Il Venezuela somministra combustibile agli emarginati negli USA. #cambiaresipuò

Caracas somministra agli emarginati USA combustibile per il riscaldamento.
Lanciata l’ottava edizione del programma di solidarietà del Venezuela con gli USA


New York, 1 Febbraio 2013.

Il progetto di solidarietà del Venezuela con gli USA, attraverso un programma di consegna di combustibile per riscaldamento alle comunità marginali e in difficoltà, che aiuterà circa 100mila famiglie in 25 Stati – incluse più di 240 comunità indigene – per resistere al freddo invernale, ha iniziato il suo ottavo anno questa settimana, così come ha annunciato l’impresa petrolifera statunitense Citgo, sussidiaria della Petróleos de Venezuela, e la sua socia Citizens Energy Corporation.
Durante una cerimonia in un albergo per famiglie a Baltimora, il responsabile esecutivo della Citgo, Alejandro Granado, insieme con Joseph P. Kennedy II, presidente della Citizens Energy Corporation, impresa energetica senza fine di lucro, hanno lanciato l’ottava edizione annuale del programma di combustibile da riscaldamento “Citgo-Venezuela”.

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E poi dicono che privato è bello ..e rilanciamo la crescita. Questa?

Come volevasi dimostrare, aprire al fracking apre anche al disastro ambientale e sanitario. E’ inutile che i politici si sgolino a promettere regole e controlli: un sistema di estrazione così distruttivo, così costoso, e così frammentato sul territorio spinge inevitabilmente a bypassare ogni regola e legge nel tentativo di guadagnare di più, e rende impossibile il controllo.

Lo racconta Bloomberg. Ad esempio in USA, in Texas, una compagnia sta iniettando nei pozzi misture di solventi i cui ingredienti sono ignoti.

Un ingrediente, un solvente non identificato, può causare danni ai reni e al fegato, secondo le uniche informazioni in proposito che sono in possesso dello Stato del Michigan.

C’è una legge, in Texas, che richiede che i contractors rivelino le sostanze usate per il fracking; ma ciò confligge con il diritto al segreto industriale, e quindi si può non ottemperare. E non pensiate che sia un caso isolato: già 19 mila volte, dall’inizio dell’anno, le compagnie texane si sono protette accampando il segreto industriale sui prodotti chimici che usano nel fracking. In altri 5000 casi non l’hanno neppure fatto, lasciando semplicemente in bianco la descrizione degli ingredienti dei solventi, o mettendo il vago “polimeri” o “tensioattivi”.

Questa roba viene iniettata sottoterra e poi “sciacquata” con migliaia di litri di acqua delle falde per estrarre il petrolio e il gas, finendo poi nel suolo e nel ciclo alimentare.

Immaginate migliaia di pozzi di questo genere sparsi per tutto il territorio di un Paese, gestiti da miriadi di piccole o grandi compagnie che non si fermano davanti a nulla pur di spremere un po’ greggio o gas e il relativo guadagno. Vi basta allora la rassicurazione di un politico, che sarà tutto “sicuro e pulito”?

Foto – Bosco in Pennysylvania in prossimità di un pozzo

Siria: la Nato mira al gasdotto (che non le piace)

di Manlio Dinucci – 11/10/2012

La dichiarazione di guerra oggi non si usa più. Per farla bisogna però ancora trovare un casus belli. Come il proiettile di mortaio che, partito dalla Siria, ha provocato 5 vittime in Turchia. Ankara ha risposto a cannonate, mentre il parlamento ha autorizzato il governo Erdogan a effettuare operazioni militari in Siria. Una cambiale in bianco per la guerra, che la Nato è pronta a riscuotere. Il Consiglio atlantico ha denunciato «gli atti aggressivi del regime siriano al confine sudorientale della Nato», pronto a far scattare l’articolo 5 che impegna ad assistere con la forza armata il paese membro attaccato. Ma è già in atto il «non-articolo 5» – introdotto durante la guerra alla Jugolavia e applicato contro l’Afghanistan e la Libia – che autorizza operazioni non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza.
Eloquenti sono le immagini degli edifici di Damasco e Aleppo devastati con potentissimi esplosivi: opera non di semplici ribelli, ma di professionisti della guerra infiltrati. Circa 200 specialisti delle forze d’élite britanniche Sas e Sbs – riporta il «Daily Star» – operano da mesi in Siria, insieme a unità statunitensi e francesi.
La forza d’urto è costituita da una raccogliticcia armata di gruppi islamici (fino a ieri bollati da Washington come terroristi) provenienti da Afghanistan, Bosnia, Cecenia, Libia e altri paesi. Nel gruppo di Abu Omar al-Chechen – riferisce l’inviato del «Guardian» ad Aleppo – gli ordini vengono dati in arabo, ma devono essere tradotti in ceceno, tagico, turco, dialetto saudita, urdu, francese e altre lingue. Forniti di passaporti falsi (specialità Cia), i combattenti affluiscono nelle province turche di Adana e Hatai, confinante con la Siria, dove la Cia ha aperto centri di formazione militare. Le armi arrivano soprattutto via Arabia Saudita e Qatar che, come in Libia, fornisce anche forze speciali. Il comando delle operazioni è a bordo di navi Nato nel porto di Alessandretta. Intanto, sul monte Cassius a ridosso della Siria, la Nato sta costruendo una nuova base di spionaggio elettronico, che si aggiunge a quella radar di Kisecik e a quella aerea di Incirlik. A Istanbul è stato aperto un centro di propaganda dove dissidenti siriani, formati dal Dipartimento di stato Usa, confezionano le notizie e i video che vengono diffusi tramite reti satellitari.
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Il punto di vista umano. «Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per l’uomo, è l’uomo stesso» (K. Marx). «Emancipando se stesso, il proletariato emancipa l’intera umanità» (K. Marx).

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